Teatro

Valerij Gergiev e Anna Netrebko, il legame tra arte e politica

Anna Netrebko e Valerij Gergiev
Anna Netrebko e Valerij Gergiev

Il caso dei due musicisti russi ha riacceso l’attenzione sul rapporto tra artisti e impegno civile.

Il recente caso che ha visto coinvolti il soprano russo Anna Netrebko ed il direttore russo Valerij Gergiev ha riacceso il dibattito sull’impegno politico da parte degli artisti.

Ai due musicisti, entrambi russi e sostenitori di Vladimir Putin, è stato chiesto, in primis dal Teatro alla Scala, con il quale avevano degli impegni proprio in queste settimane, e successivamente anche da altre importanti istituzioni, di prendere posizione nei confronti dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Se la Netrebko ha pubblicato un post nel quale dichiara di condannare la guerra in quanto tale ma allo stesso tempo critica chi la costringe a denunciare la sua patria, Gergiev “francamente se ne infischia”, ed infatti è tornato in Russia senza rilasciare dichiarazioni. 

Il risultato è stato che entrambi si sono visti cancellare una cospicua parte dei loro impegni futuri, non solo dalla Scala, ma tra gli altri anche dall’Opera di Zurigo, Carnegie Hall, Metropolitan di New York, Liceu di Barcellona, Staatsoper di Berlino, Filarmonica di Monaco, Festival di Lucerna.

Anna Netrebko al Teatro Alla Scala


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Arte e politica, un legame inscindibile

Il legame tra arte e politica esiste da sempre ed è inscindibile. Basti pensare all’influenza che esercitava il teatro nella pòlis ateniese quando nacque 2500 anni fa, oppure, in tempi più recenti al teatro di Brecht, di Pinter, o a quanto significarono Verdi e Wagner nei processi rivoluzionari che portarono all’unificazione delle rispettive nazioni. Ma anche in autori apparentemente meno impegnati emergono tracce del loro coinvolgimento: da Čechov, che nel Giardino dei ciliegi compie un’impietosa analisi della società russa di fine’800 a Beethoven che dapprima dedicò la sua sinfonia “Eroica” a Napoleone, per poi cancellarne il nome quando vide traditi i suoi ideali.

L’artista annusa il presente per volgere lo sguardo al futuro, come ad esempio l’ebreo Kafka, che nei suoi incubi anticipò quello che sarebbe realmente accaduto agli ebrei non molti anni dopo. E non è forse fare politica questa?

Eppure l’artista spesso ama tenere una posizione ambigua, dissimulando distacco ma non riuscendo ad estraniarsi veramente dalla quotidianità, come ad esempio Franco Battiato che in "I’m that" scrisse:
“io non sono per il martello, né per la falce, né tanto meno per la fiamma tricolore, perché sono un musicista”, pur essendo l’autore di Povera patria, una delle canzoni italiane più politiche di fine ‘900.

Valerij Gergiev

All’artista non si dovrebbe chiedere di prendere posizione

Arte e politica si influenzano a vicenda e l’artista non può approfittare del suo ruolo per rifugiarsi in una dimensione asettica, cristallizzata, che appartiene solo a lui. Per questo probabilmente ha ragione la Netrebko quando sostiene che non si dovrebbe tirare l’artista per la giacca, chiedendogli di prendere posizione, perché di fronte ad avvenimenti di tale gravità, è l’artista stesso che deve far sentire la sua voce, prima ancora che qualcuno lo costringa, altrimenti vuol dire che si è creato un cortocircuito e qualcosa non funziona più.

Ed infatti sono stati molti i russi che, anche rischiando a livello personale come capita spesso, si sono apertamente schierati, tra cui il direttore Kirill Petrenko, il regista Lev Dodin, l’attore Danila Kozlovskij, ed Elena Kovalskaja, dimessasi dal ruolo di direttrice del Teatro Mejerchol’d.

Kirill Petrenko

Reazioni emotive incontrollate

Il rischio infatti è che lasciando correre e facendo finta di niente si alimentino delle reazioni emotive che rasentano il paradosso ed a cui purtroppo stiamo già assistendo, quale ad esempio la scelta del Teatro Wielki di Varsavia di cancellare la nuova produzione di Boris Godunov di Modest Musorgskij, o l’imbarazzante tira e molla dell’Università Bicocca di Milano che prima annulla e poi ripristina il corso su Dostoevskij di Paolo Nori - che nel frattempo ha declinato l’invito - o ancora l’estromissione dal Festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia del fotografo Alexander Gronsky, nonostante sia un oppositore di Putin ed in questi giorni sia stato arrestato a Mosca.

Un antico proverbio dice “Quando Dio vuole punire qualcuno lo priva del senno”: forse Putin in questo momento non è l’unico ad aver perso la testa e noi non possiamo permettercelo.
 

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